quando il "diverso" è molto diverso: Hans Staden prigioniero dei Tupinamba


Hans Staden 




     Tra tutti i racconti favolosi e talvolta terribili sulle prime esplorazioni dell’America, questo del tedesco Hans Staden costituisce una delle più antiche opere sul Brasile. È la prima vera storia di indiani, vissuta dall’autore in prigionia tra sofferenze e continue angosce. Della vita di Hans Staden prima e dopo i suoi due viaggi in Brasile si sa poco: veniva da una famiglia dell’Assia, ma quanto egli fece e quanto gli capitò negli anni 1547-1548 e 1550-1554 tra gli aborigeni delle foreste tropicali lo innalzò a un destino singolare, quello di divenire appunto con le sue memorie, senza che lo immaginasse, un classico spesso ristampato, tradotto, e ancor più spesso imitato oppure ripreso con libera immaginazione da una folta schiera di scrittori.

     Il suo testo, vera storia e descrizione di una comunità di selvaggi nudi, feroci e antropofagi, di cui fornisce dettagliate descrizioni della vita e dei costumi, è semplice e disadorno, ma accompagnato sempre dall’inequivocabile tono della veridicità, mentre le xilografie che lo illustrano potrebbero da sole ispirare più di un romanzo. Ecco ad esempio Staden che durante il suo secondo soggiorno brasiliano presta servizio nel fortino di Bertioga sulla terraferma quale capoposto al soldo dei portoghesi che si dovevano difendere dalle continue incursioni dei Tupinamba. Costoro lo catturano nei boschi, lo spogliano e lo imbarcano sulle loro canoe.

     Sbarcato al loro villaggio Ubatuba, nella baia di Mangaratiba e nell’odierno stato di Guanabara, viene prima insultato e percosso dalle donne e dai bambini, torturato e trascinato da capanna a capanna per invitare tutta la tribù a mangiarlo. La sua vita da prigioniero è sempre in pericolo finché la stessa superstizione degli indiani viene in suo aiuto.
     Dopo qualche tempo, i Tupinamba lo «regalano» a un capotribù della zona di Rio de Janeiro e il comandante di una nave francese riesce a liberarlo. Nel 1555 Staden sbarca in Normandia e il suo ritorno in Europa è illustrato da una nave a gonfie vele illuminata dal sole benigno.

     Darcy Ribeiro, antropologo brasiliano, nel suo libro "Brazilian People" dice che Hans fu catturato dai Tupi, ma che non fu mangiato perché piangeva implorando per aver salva la vita, cosa che egli raffigurò anche in alcuni suoi dipinti. Dato che il cannibalismo tra i Tupi era fortemente legato al valore ed alla dignità, i guerrieri catturati, per sostenere il ruolo, dovevano avere un atteggiamento sobrio e coraggioso con coloro che erano destinati ad essere macellati, cucinati dalle loro mogli e, infine, mangiati.

     Secondo altri, invece, tale argomento non sembrerebbe reggere perché altre tribù di indios antropofagi spesso erano solite mangiarsi senza alcun problema anche le donne e i bambini nemici che cadevano nelle loro mani.

vita Tupinamba
     Le sue vicende sono narrate, tra l’altro nei film "Hans Staden" e "Como Era Gostoso o Meu Francês".

Scene dai film:

giovane donna addetta alla cura del prigioniero

cerimonia funebre

preparazione all'agape cannibalesca: uccisione di un prigioniero